L’inno di Mameli cantato a squarciagola, dopo una festa fino all’alba (“Sono andato a letto alle 8.30”) e poi l’analisi di una vittoria cercata a tutti costi. Gianmarco Tamberi è ancora pieno di adrenalina ma ci sono anche gli obiettivi futuri, tecnici, con la misura di 2.40, ma anche sportivi, con gli Europei di Roma e soprattutto Parigi 2024. Dove sarebbe “onorato di fare il portabandiera azzurro, se il presidente Malagò me lo proponesse: ma so che tanti lo meritano”.
“Ancora faccio fatica a realizzarlo, mi sono venuti i brividi rivedendomi in televisione”: dice un Tamberi ancora incredulo, presentandosi a Casa Italia. La conquista dell’oro mondiale nell’alto che ha chiuso un cerchio nella incredibile carriera del saltatore marchigiano detentore del titolo olimpico, di quello europeo e ora anche di quello mondiale.
La gioia incontenibile in pista, i festeggiamenti con la moglie Chiara (“di un figlio parliamo da tanto, ma diventerebbe la mia priorità e invece ora la priorità sono le gare e lei”) e il suo staff fino a notte inoltrata, poi la premiazione e ancora l’esultanza applaudita dal pubblico ungherese. “Mi sono arrivati una marea di complimenti – racconta – credo che la gara abbia fatto capire a tante persone quanto fosse difficile raggiungere quel titolo mondiale. la mia esultanza, la mia felicità, mi sono arrivati tantissimi complimenti. Ho sempre puntato sul fattore mentale. Se mi sento un atleta compiuto? Mi manca il 2.40 sicuramente – sottolinea – Era il mio obiettivo della gara, tornare almeno a riprovare quella misura. Sapevo e so di poterla valere. Gli allenamenti prima del Mondiali sono andati benissimo. In questi mesi con i miei nuovi tecnici abbiamo costruito tantissimo. Cercare di stare bene è stata una delle priorità di quest’anno. Sono arrivato qui con tanta convinzione, sapevo che potevo fare la mia differenza, e quando ho potuto sorprenderli col 2.36 ho ucciso la gara”.
“Finalmente ho ritrovato il salto più proficuo per me dopo l’infortunio, che poi è stato uno dei motivi della separazione da mio padre – racconta Tamberi – Penso che aver cercato dentro di me e essermi preso tante responsabilità anche con il cambio di allenatore, hanno fatto sì che sia rientrato al 600 per 100. Rischio appagamento? Non penso, noi atleti vogliamo sempre vincere e ci alleniamo per questo”.
A mettere pressione ci aveva già pensato in allenamento saltando 2.30. “Tecnicamente ho fatto il miglior riscaldamento, ho saltato bene, una misura che poteva valere anche una medaglia – le parole di Gimbo – Probabilmente ho creato il panico anche tra gli avversari, che hanno visto un rivale saltare così. Forse li ho destabilizzati. Io come Bolt? Mi sembra eccessivo, mi prendo quello che ho fatto ma non penso di meritare l’accostamento con una leggenda come Usain. Ma riuscire a essere se stessi in pedana è una forza in più; io voglio provare le emozioni al 100 per cento senza nascondere nulla. Ho detto che il record del mondo di Sotomayor, il 2.45, non è impossibile – le parole di Tamberi – ma penso si debba fare un gradino alla volta. Il mio obiettivo è superare i 2.40 nel 2024, poi un centimetro alla volta vedremo se sarà per me o per la nuova generazione”.