Il rebus del portabandiera. Ad un anno esatto dalla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Tokyo 2020 non c’è un vero e proprio candidato favorito per il ruolo di alfiere azzurro. Mentre quattro anni fa gli indizi erano chiari, e infatti a 365 giorni dall’evento fu possibile annunciare che la scelta del presidente del Coni, Giovanni Malagò, sarebbe stata Federica Pellegrini (che tra l’altro, oltre alle capacità sportive e al prestigioso curriculum, abbinava la coincidenza della data della cerimonia di apertura di Rio 2016 con il giorno del suo compleanno, il 5 agosto), questa volta invece le previsioni sono difficili.
Si può immaginare che a Tokyo debba toccare a un uomo (lo ha detto recentemente anche Malagò) visto che per le ultime due edizioni è stata scelta una donna (Vezzali a Londra 2012 e Pellegrini a Rio 2016, oltre alla Fontana a PyeongChang 2018) ma anche questo particolare – alla fine – potrebbe risultare ininfluente se il lotto dei pretendenti maschi non dovesse essere all’altezza di quello femminile.
Fatto sta che finora nessuno dei probabili alfieri ha ancora ottenuto la qualificazione ai Giochi, ad eccezione di Paltrinieri che però si è qualificato nel fondo e non ancora in vasca: questo elemento certifica il problema con il quale il Coni e il suo presidente Giovanni Malagò si stanno confrontando da alcuni mesi.
In una disamina dei possibili candidati, bisogna innanzitutto cercare tra i campioni olimpici in carica, che magari dovranno difendere il titolo a Tokyo: gli ori maschili di Rio sono stati il nuotatore Gregorio Paltrinieri (ma poiché la Pellegrini è stata l’ultimo alfiere difficilmente verrebbe scelto un altro atleta proveniente dal mondo delle piscine), il ciclista Elia Viviani (a suo favore il fatto che mai un ciclista è stato portabandiera ai Giochi, ma ha contro una partecipazione non scontata che potrebbe arrivare per una scelta tecnica solo in extremis, quando la decisione sul portabandiera sarà già stata fatta), il tiratore Gabriele Rossetti (anche lui proveniente da una disciplina mai presa in considerazione per portare il tricolore, ma piuttosto giovane d’età), il fiorettista Daniele Garozzo (con il pesante fardello che la scherma lo ha già espresso sette volte su 24) e il judoka Fabio Basile (che avrebbe dalla sua il fatto di avere vinto la medaglia d’oro numero 200 della storia azzurra e che il judo non ha mai portato la bandiera ma potrebbe non essere preso in considerazione per una serie di atteggiamenti post Rio, soprattutto in tv, che non lo hanno aiutato).
Resta Niccolò Campriani, ufficialmente ritiratosi ma portabandiera ideale se fosse ancora in attività e si fosse qualificato. Un suo eventuale rientro in scena (non del tutto escluso) con conseguente pass per Tokyo gli consentirebbe di scavalcare tutti i pretendenti in virtù che nel suo palmares può vantare tre ori olimpici individuali che lo pongono tra i grandi dello sport italiano: solo Nedo Nadi, Ugo Frigerio e Klaus Dibiasi hanno vinto tre ori individuali ai Giochi come Campriani e – guarda caso – nelle rispettive epoche tutti e tre sono stati scelti quali portabandiera dell’Italia. È evidente che se Niccolò (che nel frattempo si è trasferito a Losanna ed è diventato un rispettato funzionario del Cio) dovesse cambiare idea, la bandiera sarebbe sua.
Diversamente potrebbero emergere altri nomi che, chi per una ragione, chi per un’altra avrebbero motivazioni autorevoli per diventare i prescelti (tutti sempre in attesa di qualificazione): Clemente Russo, Aldo Montano, Frank Chamizo, Johnny Pellielo, Diana Bacosi, Elisa Di Francisca. Ognuno avrebbe una sua ratio. Il rebus resta di difficile soluzione, solo Campriani potrebbe fornire la soluzione.